Ecografie in gravidanza: tutto quello che c’è da sapere
L’ecografia è uno degli strumenti più importanti in gravidanza non solo per la sua capacità diagnostica, ma anche perché sicura per mamma e feto. Quante sono le ecografie che la futura mamma deve fare e quando è opportuno svolgerle? Ecco una guida completa sulle ecografie in gravidanza redatta dal nostro team di medici.
L’ecografia è un’indagine strumentale per immagini che sfrutta gli ultrasuoni. In campo ostetrico questo dato è fondamentale, perchè per il prodotto del concepimento gli ultrasuoni sono innocui, mentre non lo sono le radiazioni sfruttate nelle radiografie e TAC.
La capacità diagnostica dell’eco è tale che molti esperti lo considerano l’esame più importante per il monitoraggio della gravidanza fisiologica e patologica. Per quest’ultima, l’eco viene richiesta a seconda del problema, spesso anche ripetitivamente (es: iposviluppo fetale).
Per la gravidanza fisiologica invece, le linee guida italiane prevedono l’esecuzione di 3 ecografie: una nel primo trimestre (di datazione, entro 13 w), una nel secondo trimestre (morfologica tra 20 e 22 w) ed una nel terzo (biometrica tra 30 e 32 w), ma nella pratica clinica sono spesso di più. L’ecografia viene utilizzata anche per:
- effettuare screening genetici (ad esempio la translucenza nucale);
- guidare una diagnostica invasiva genetica (come la villocentesi, l’amniocentesi, la funicolocentesi);
- monitorare una gravidanza oltre il termine (quantificazione del liquido amniotico);
- effettuare una breve eco “office” in coincidenza del controllo mensile, come preferito da molti ginecologi.
L’eco transvaginale è fondamentale alla 5 w, quando inizialmente visualizza il sacco gestazionale e poi il sacco vitellino, che essendo di origine embrionale ne preannuncia la futura visualizzazione, ma anche alla 6 w, quando visualizza il polo embrionale con una pulsazione: il battito cardiaco.
Dalla 7 alle 10 w, l’eco può essere eseguita o con sonda transvaginale o con sonda addominale, con una prevalente preferenza per la prima, mentre dalla 11 w si opta per quella addominale.
Nel primo trimestre l’eco serve per determinare la presenza della gravidanza, la sua sede (in utero o fuori), il suo numero (singola o gemellare) e la sua datazione. Infatti si suppone che in una prima fase tutti i concepimenti si sviluppino alla stessa velocità, quindi misurando la lunghezza dell’embrione (CRL) tra la 7 e l’11 w o il diametro biparietale (tra le due tempie, BPD) dalle 12 w e fino a un massimo di 22 w, il ginecologo può stabilire l’età reale e quella biologica, con un margine di errore di una settimana in più o in meno fino a 16 w, di due settimane tra 17 e 22 w.
Quindi il ginecologo potrà procedere a una ridatazione, ovvero spostare la data dell’ultima mestruazione e quella presunta del parto, se si avrà una differenza dall’epoca calcolata dall’ultima mestruazione di 1 o 2 w almeno (a seconda dell’epoca di datazione, se prima o dopo le 16 w). Questa discrepanza si ha nel 20% delle gravidanze e per diversi motivi. Ad esempio perché la donna non ricorda correttamente la data delle ultime mestruazioni, o perchè ha cicli irregolari o comunque ha avuto un’ovulazione in anticipo o in ritardo rispetto a quanto atteso. Tuttavia in una donna con preciso ricordo mestruale e cicli regolari si è dimostrato che il calcolo mestruale e quello ecografico hanno la stessa capacità.
Non dobbiamo tra l’altro dimenticare che tra i potenziali ridatati possono esserci gravidanze patologiche che hanno già precocemente un difetto di crescita. Pertanto la ridatazione deve essere un processo clinico, che valuti sia l’anamnesi mestruale che il dato ecografico. Tutto questo è importante perchè dalla datazione il ginecologo dovrà poi schedulare alcuni esami, ecografici e non, e soprattutto l’eventuale induzione del parto per gravidanza oltre il termine.
Transluncenza nucale, villocentesi e amniocentesi in gravidanza: quando farle e perché
Quando il CRL è tra 48 e 84 mm, ovvero l’epoca tra 11 +3 e 13 +6 w, è possibile misurare la translucenza nucale, ovvero lo spessore della nuca del feto. Con un apposito software questo si traduce in una stima del rischio di avere una trisomia 21 (sindrome di Down) o 18 (sindrome di Edwars). Per aumentare la capacità del test, è possibile associare un prelievo del sangue per la determinazione delle free-beta-HCG e della PAPP-A. Esiste un cut-off di normalità posto a 1: 350. Per un rischio peggiore al cut-off si offre la possibilità di effettuare la ricerca del cariotipo fetale. Questo test non è un esame diagnostico, ma statistico: su 100 feti down che si sottopongono al test il ginecologo riesce ad individuarne tra 80 e 85.
L’individuazione dell’osso nasale migliora ulteriormente la capacità del test. Per avere la certezza diagnostica il ginecologo deve determinare il cariotipo fetale tramite procedure invasive. Ed è in questo caso che entrano in gioco esami come la villocentesi o l’amniocentesi, gravate da un rischio di abortività dell’1% .
La villocentesi si effettua tra l’11 e la 12 w e prevede un prelievo transaddominale ecoguidato di frustoli di tessuto placentare. Si avrà un risultato diretto dopo circa 4 gg e uno colturale definitivo entro 21 gg. L’amniocentesi invece, si effettua a 16 w e prevede un prelievo transaddominale ecoguidato di 16-18 ml di liquido amniotico. In questo caso si avrà un risultato colturale definitivo entro 21 gg, ma volendo tramite particolari metodiche (QF-PCR o Fisch) dopo 3 gg si avrà la determinazione delle 4 serie di cromosomi (21, 18, 13 e sesso) che coprono oltre il 90 % delle gravi patologie cromosomiche. In alternativa al cariotipo classico esiste oggi, col cariotipo molecolare, la possibilità di avere dopo 3-5 giorni la determinazione di tutti i cromosomi.
Ecografie in gravidanza: quando si fa la morfologica e a cosa serve
L’eco morfologica ha lo scopo dichiarato di individuare eventuali malformazioni fetali. Purtroppo contrariamente a quanto pensano la maggioranza delle gestanti, la capacità di individuarle con l’eco non è elevatissima, essendo intorno al 50% nei Centri di I livello (screening in popolazione a basso rischio), mentre raggiunge valori intorno al 90% nei Centri di II livello (ecografista esperto, ecografo di elevata qualità, popolazione a rischio).
Si effettua tra la 20 e la 22 w perchè si raggiunge un buon sviluppo degli organi e quindi un’adeguata indagabilità ecografica, ma non si supera il limite che la legge italiana pone per l’aborto terapeutico. Infatti, al di là delle convinzioni personali di ognuno, la gestante ha diritto a tale opzione qualora l’eco morfologica rilevi gravi malformazioni fetali, tali da rendere per la psiche materna non accettabile la prosecuzione della gravidanza.
Dato che la legge 194/78 non pone un limite preciso, ma lo individua nella vitalità del feto, con il progresso nella rianimazione neonatale si tende a considerare come limite da non raggiungere il compimento della 23 w. Ad inizio 2008 la Regione Lombardia ha per prima formalizzato una direttiva che lo consente fino a 22 settimane e 2 giorni compresi. L’eco morfologica di screening prevede la misurazione del diametro biparietale, della circonferenza cefalica e addominale e del femore. Queste misure consentono di valutare se la crescita rispetto all’eco di datazione è regolare.
Inoltre si misurano il trigono cerebrale (uno spazio cerebrale occupato dal liquido cefalorachidiano: è aumentato nell’idrocefalia, una grave malformazione del cervello) e il cervelletto (è alterato nella spina bifida, una grave malformazione della colonna vertebrale). Si valuta la morfologia del viso (profilo, orbite, cristallino e labbra, queste per la ricerca del labbro leporino) e della colonna vertebrale (ancora per la spina bifida). Si effettua l’esame del cuore, sia nella sezione “4camere” (per valutare atri e ventricoli e relativi setti) sia negli “assi lunghi” (per valutare aorta e arteria polmonare). Nell’addome si identificano diaframma, stomaco, parete anteriore, reni e vescica. I quattro arti vengono visualizzati nei loro tre segmenti. Si valuta la quantità di liquido amniotico e la posizione della placenta.
Un esame facoltativo è la doppler-flussimetria delle arterie uterine. Il doppler è un’applicazione dell’ecografia che valuta le velocità di flusso in un vaso sanguigno. Nel caso delle arterie uterine, un incremento delle resistenze al flusso e/o la comparsa di una incisura (“notch”) nel profilo dell’onda doppler, confermate a 24 w (quando la placentazione si è conclusa), segnalano un rischio aumentato di iposviluppo fetale e/o ipertensione gestazionale nel terzo trimestre.
Ecografie in gravidanza: quando fare la biometrica e a cosa serve
L’eco biometrica si effettua tra 32 e 34 w, perchè in caso di problemi sono in una fase di piena vitalità e il ginecologo può quindi monitorare quella gravidanza e/o espletare un parto cesareo. L’eco biometrica ha lo scopo dichiarato di valutare la crescita fetale tramite le solite misure del diametro biparietale, della circonferenza cefalica e addominale e del femore. Di questi parametri, tramite valori di riferimento per le varie settimane, è possibile identificarne il percentile: se un feto ha l’addome al 10° percentile vuol dire che a quell’epoca vi sono il 90% dei feti normali più grandi di lui e il 10% più piccoli.
Proprio il 10° percentile alla nascita segna il cut-off degli iposviluppi fetali. Purtroppo come per la morfologia fetale anche la valutazione biometrica non è così precisa come pensano la maggioranza delle gestanti. I limiti maggiori si hanno nel valutare correttamente un macrosoma, ovvero un feto che alla nascita pesi più di 4 kg, ma anche per gli iposviluppi il margine di errore è significativo. Pertanto si propone di monitorare con eco seriate tutti i feti con addome sotto il 25° centile all’eco biometrica. In effetti è possibile dai quattro parametri citati costruire numerose e complesse formule per il calcolo del peso stimato, ma il margine di errore è del 10% in più o in meno e comunque clinicamente risulta parimenti efficace, ma più semplice, rifarsi al solo addome.
Per i ginecologi che mensilmente seguono le gestanti con un ecografo a disposizione l’importanza di questa misura ha generato l’uso nel terzo trimestre di effettuare questa semplice e rapida determinazione al posto della misura sinfisi-fondo per meglio seguire la crescita fetale. Comunque nei casi di feti piccoli per l’epoca gestazionale (SGA) distingueremo gli “iposviluppi veri” (IUGR), causati da insufficienza placentare, che avranno alterazioni del doppler uterino ed eventualmente ombelicale, dai piccoli costituzionali, causati da un modesto potenziale di crescita geneticamente determinato, che avranno doppler normali.
In realtà non è così semplice col doppler individuare in anticipo quali feti sono in difficoltà (IUGR) e quali stanno benone e sono solo più piccoli, magari perchè lo sono i genitori. Inoltre tra questi feti esiste in realtà un terzo gruppo, minoritario numericamente, ma prioritario per importanza, costituito dagli iposviluppi con fetopatia intrinseca: emblematici quelli da causa cromosomica, che solitamente hanno doppler uterini normali.
Comunque, una volta individuato un feto SGA nel terzo trimestre, si sottoporrà a un monitoraggio ecografico inizialmente ogni 2 w, sia della crescita che del doppler ombelicale. La velocimetria di quest’arteria contenuta nel cordone ombelicale è il miglior singolo indicatore del benessere fetale. E’ un’onda bifasica: a un picco sistolico dovuto alla contrazione del ventricolo sinistro del cuore fetale segue una caduta diastolica dovuta al suo rilasciamento, che peraltro non annulla il flusso. Se la diastole va a zero o addirittura va in negativo (over-flow da inversione di flusso) avremo una condizione (detta complessivamente “ARED”) che preannuncia il possibile exitus fetale. Questa valutazione ha ridotto drasticamente la mortalità di questi feti. Si espeterà il taglio cesareo se il feto ARED ha raggiunto un’epoca di piena vitalità e/o secondo valutazioni cliniche ancora molto variabili a seconda del Centro (indicativamente dalle 32 w).
In assenza invece di questi requisiti si monitorerà giornalmente con cardiotocografia computerizzata e doppler del dotto venoso. La scomparsa della diastole in quest’ultimo è già un segno di scompenso e una forte indicazione al taglio cesareo anche gravemente pretermine, se possibile (indicativamente dalle 26 w). Nell’eco biometrica si valutano anche l’inserzione placentare e la quota di liquido amniotico. La placenta si definisce previa centrale se il suo margine anteriore copre l’orifizio uterino inferiore, previa marginale se lo raggiunge o se arriva a meno di 20 mm da esso, normoinserta se dista oltre i 20 mm. La diagnosi, nei casi dubbi, si pone tramite l’eco transvaginale.
La necessità di espletare il parto tramite taglio cesareo a causa dell’inserzione placentare si ha sempre nelle previe centrali, quasi sempre nelle marginali che raggiungono l’orifizio uterino inferiore, spesso in quelle marginali che non lo raggiungono, mai nelle normoinserte. Il liquido amniotico può essere valutato come “falda massima” o come “AFI” (somma della falda ai quattro quadranti addominali).
Ecografie in gravidanza: gli esami e i controlli per il monitoraggio fetale
Come per altri parametri biometrici, esistono dei valori di riferimento per ogni epoca gestazionale che identificano i casi in cui è in eccesso (polidramnios) e quelli in cui è in difetto (oligoidramnios). Il polidramnios solitamente è associato a macrosomia fetale o diabete materno o malformazioni fetali. L’oligoidramnios ha come causa più importante l’iposviluppo fetale. Inoltre la presenza di una sufficiente quota di liquido amniotico diventa fondamentale nel controllo della gravidanza oltre il termine. Infatti dalla data presunta del parto esiste un incremento del rischio di perdita fetale, e per il monitoraggio fetale si propongono generalmente:
- controllo domiciliare dei movimenti fetali (scheda di Cardiff: si devono percepire almeno 10 movimenti giornalieri dalle ore 8 alle ore 18);
- cardiotocografia (rilevazione del battito cadiaco fetale in un tracciato per almeno 30 minuti);
- misurazione ecografica del liquido amniotico. Questa può essere valutata come “falda massima” (valore normale superiore a 20 o 30 mm, a seconda degli autori) o come “AFI” (somma della falda ai quattro quadranti addominali, valore normale superiore a 50 mm).
Tali controlli proseguono a intervalli variabili a seconda dei protocolli dei diversi Centri, fino alle 41+ settimane, quando in mancanza dell’insorgenza spontanea del travaglio si ricovera la gestante e si induce farmacologicamente il parto. La situazione opposta al parto oltre il termine è il parto prematuro. Il miglior singolo indicatore che le contrazioni avvertite dalla gravida nella seconda metà della gravidanza possano effettivamente portare al parto prematuro, non è la tipologia delle contrazioni, nè la visita ostetrica, ma la cervicometria, ovvero la misura del collo uterino effettuata con sonda transvaginale. Valori inferiori a 25 mm si associano a un rischio significativamente aumentato, la presenza di “funnelling” (cervice imbutiforme) peggiora il rischio. Queste valutazioni sono importanti in un pronto soccorso ostetrico per decidere quali pazienti ospedalizzare e quali rimandare a un riposo domiciliare. Il ruolo dell’ecografia in un pronto soccorso ostetrico o in sala parto si estende poi a:
- controllo presentazione fetale (quella fisiologica è quella cefalica, ma per non avere problemi dovremmo avere anche il dorso fetale anteriormente, e questa diagnosi con la sola visita è estremamente difficile e tardiva);
- controllo quota di liquido amniotico nei casi dubbi di rottura prematura delle membrane;
- controllo inserzione placentare nei casi di sanguinamento in travaglio: potrebbe essere previa, oppure normoinserta, ma con un distacco (in questo caso, difficile da identificare precocemente con l’eco, avremo un importantissimo aumento delle resistenze al doppler delle uterine).
Invece non è utile la ricerca di giri di cordone intorno al collo, perchè:
- nella metà dei casi in cui lo si suppone ecograficamente non troviamo conferma al parto;
- nel 30% dei parti fisiologici si ha un giro di cordone intorno al collo.
Ecografia 3D e 4D in gravidanza: la prossima rivoluzione in ambito ostretico
Resta invece ancora da valutare il ruolo del doppler dell’arteria ombelicale per ridurre i falsi positivi nei tracciati cardiotocografici, ovvero quando il tracciato presenta alterazioni, ma il feto non è in sofferenza. L’ultima rivoluzione nel settore sono state l’ecografia tridimensionale statica (3D) e in movimento (4D), che permettono la ricostruzione volumetrica del feto e delle sue parti, e non più solo di sue sezioni piane. Molti esperti ritengono che questo tripudio di tecnologia porterà a un salto di qualità simile a quello riscontrato col passaggio dalla radiografia alla TAC. Probabilmente in questo caso la macchina ha potenzialità superiori alla nostra attuale capacità di sfruttarle pienamente. Comunque oltre alla parte “ludica” (offre alla gestanti delle immagini fantastiche sul viso del nascituro), permette di ottenere delle ricostruzioni dell’anatomia fetale che possono già oggi favorire la diagnosi di alcune malformazioni.
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