Che cos’è la toxoplasmosi in gravidanza e quali sono i rischi? Una mamma in dolce attesa deve preservare la sua salute e quella del bambino che porta in grembo, avendo cura di mettere in atto alcune accortezze. Tra le infezioni che si possono contrarre durante la gestazione compare, tra le altre, anche la toxoplasmosi. Ecco alcuni consigli utili su come prevenirla.

La toxoplasmosi è provocata da un protozoo, il Toxoplasma gondii, che può colpire tutti i mammiferi. Nella specie umana l’infezione solitamente è asintomatica. Nelle donne italiane in età fertile i livelli di sieropositività sono compresi tra il 30 e il 40%.

Le gestanti che la contraggono per la prima volta durante la gravidanza hanno un rischio di trasmetterla al feto con conseguente possibilità di aborto, parto pretermine o gravi patologie neurooculari (tetrade di Sabin, ovvero: idrocefalo, convulsioni, calcificazioni endocraniche e corioretinite). Il rischio che l’infezione possa colpire anche il feto aumenta con il progredire della gravidanza: 17% nel primo trimestre, 25% nel secondo e 65% nel terzo. Invece diminuisce il rischio che le manifestazioni siano tra le più gravi.

Toxoplasmosi: di cosa ci si avvale per la diagnosi

Complessivamente il rischio di malattia congenita è del 13%, di cui 7% grave e 6% lieve. Per la diagnosi ci si avvale dell’interpretazione del dosaggio degli anticorpi (Ig) specifici delle classi M, G e A:

  • dosaggio delle IgM specifiche. Le IgM compaiono precocemente, 10-12 giorni dall’infezione. Raggiungono il plateau dopo 2-4 settimane. Nel 72% dei casi risultano ancora rilevabili dopo 9-10 mesi e possono mantenersi a basso titolo anche per più di un anno. La presenza di IgM nel siero non è necessariamente riferibile a un’infezione in atto o recente, potendo restare a lungo, toxoplasmosi-in-gravidanza-prevenzioneoppure a IgM ” naturali ” non specifiche, prodotte indipendentemente da qualsiasi contaminazione da Toxoplasma. Si deduce che le IgM hanno un importante significato di allarme, ma non possono essere considerate un marker certo di fase acuta dell’infezione;
  • dosaggio delle IgG specifiche. Gli anticorpi IgG compaiono normalmente nella seconda settimana dopo l’infezione. Raggiungono il picco dopo 2-3-mesi e calano entro 1-2 anni. Persistono a titoli bassi anche per tutta la vita. Il titolo può risalire in caso di un nuovo contatto con Toxoplasma Gondii o di riattivazione: nel I caso non ci sarà aumento nè delle IgM nè delle IgA, nel II caso è possibile un incremento delle IgA. Nella gestante, quando vi è un sospetto di infezione recente o in atto, documentato dalla presenza delle IgM, è necessario il dosaggio delle IgA specifiche e il test di avidità delle IgG, che consentono nella maggior parte dei casi di confermare o meno l’eventuale infezione e di datare il probabile momento del contagio;
  • dosaggio delle IgA specifiche. La produzione delle IgA è incostante, ma di solito inizia dopo la sintesi delle IgM e prima delle IgG. Inizialmente vi è un rapido incremento, poi una successiva riduzione entro il 6°-9° mese, il tutto più precocemente delle IgM. La presenza contemporanea di IgA e di IgM permette di diagnosticare con discreta affidabilità una toxoplasmosi recente, acquisita negli ultimi sei mesi;
  • test dell’avidità delle IgG specifiche. Si ritiene che il test dell’avidità delle IgG sia a tutt’oggi il metodo migliore per affrontare il problema della datazione dell’infezione. Il concetto di avidità è basato sul presupposto che in corso di prima infezione gli anticorpi che si formano abbiano poca affinità con l’antigene toxoplasmico con cui vengono a contatto. I legami anticorpo-toxoplasma risultano quindi deboli e sono facilmente rimossi dal lavaggio con urea (test dell’avidità). La percentuale di avidità delle IgG sarà tanto più bassa, quanto più recente potrà essere l’esordio dell’ infezione. Valori tra 0-20% di avidità sono da ascrivere alle infezioni acute risalenti a non più di tre mesi prima. Toxo-PCR: l’utilizzazione di metodiche PCR eseguite su liquido amniotico prelevato tramite amniocentesi costituisce un test di III livello, più sofisticato, per accertare un possibile contagio fetale in madre con infezione recente o in atto.

Quindi, ricapitolando, possiamo avere le seguenti possibilità:

  1. IgM e IgG negative. Il soggetto non è immune: se si tratta di una donna in attesa, questa dovrà essere monitorata con test mensili fino al parto;
  2. IgM negative e IgG positive. Il soggetto è immune: infezione di vecchia data;
  3. IgM presenti e IgG negative. Può significare una infezione molto recente: in questo caso è bene valutare l’opportunità di intraprendere un’antibioticoterapia e di effettuare un secondo controllo dopo 15 giorni con anche dosaggio IGA. La conferma delle IgM, la presenza delle IgA e l’eventuale comparsa delle IgG, confermerebbero l’infezione toxoplasmica con la sieroconversione;
  4. IgM presenti e IgG positive. Può trattarsi di una toxoplasmosi in fase acuta o recente, oppure di una forma pregressa.

La datazione della malattia è facilitata dalla determinazione di IgA, la cui presenza indica un’infezione recente inferiore a sei mesi, e dalla avidità delle IgG:

  • se il valore dell’avidità è superiore al 30%, si tratta di un’infezione pregressa databile oltre quattro mesi;
  • se l’avidità è debole (0-20%) o in zona grigia (20-30 %), è probabile che si tratti di un’infezione molto recente (entro i tre mesi). Per questo tipo di infezione esiste una terapia farmacologica che riduce (ma non annulla) i rischi.

Toxoplasmosi in gravidanza: consigli utili su come prevenirla

Non esiste la possibilità di una vaccinazione preventiva. Pertanto per le gestanti recettive, è importante evitare le possibili fonti di infezione, ovvero:

  • evitare il contatto coi gatti o con oggetti inquinati dalle loro feci. La loro ingestione involontaria può trasmettere la malattia perchè nell’organismo dei felini si realizza la fase sessuata di riproduzione di questi microrganismi;
  • lavare bene con bicarbonato la verdura cruda e la frutta che si coltiva in terra e si consuma senza rimuovere la buccia, per esempio le fragole. Sulla loro superficie infatti, possono essere presenti resti di escrementi di gatto;
  • evitare giardinaggio e orticoltura, o lavarsi accuratamente le mani subito dopo;
  • non mangiare carne cruda e/o insaccati crudi in genere. All’interno di questi cibi possono essere presenti delle cisti di latenza che vengono, però, uccise con il calore. Quindi nessun problema per prosciutto cotto e mortadella/bologna.