Varicella in gravidanza: quali rischi per il feto?
Sono diverse le infezioni possibili che una donna in attesa di un bambino può contrarre, ad esempio la varicella. Quali sono i rischi per il feto in questo caso e come può essere trasmessa? Ecco una guida sull’argomento.
La varicella è una malattia esantematica tipica dell’infanzia. Fortunatamente, in gravidanza è poco frequente e ancora più rare sono le possibili conseguenze feto-neonatali.
Si trasmette per contagio per via inalatoria dalle particelle nebulizzate col respiro dell’ammalato. Il periodo di incubazione è di 10-21 giorni e la viremia va dal giorno antecedente la comparsa dell’eruzione cutanea al 41° giorno successivo. Il tasso di trasmissione verticale dalla gestante al feto è del 17%. Come per le altre infezioni, se contratta nel primo trimestre può provocare un maggior rischio malformativo. Infatti il 7% del 17% degli embrioni infettati (1.2% delle gravide infettate) sviluppa la sindrome da varicella congenita, caratterizzata da gravi lesioni cutanee cicatriziali, atrofia muscolare, ipoplasia delle dita, lesioni cerebrali tipo encefalite o atrofia cerebrale.
Dato il basso rischio di sequele, non si consiglia la ricerca dell’infezione con PCR su liquido amniotico, perchè questa ha un rischio quasi uguale a quanto andremmo a indagare. Quando l’infezione avviene nel II trimestre non ci sono conseguenze fetali, mentre nel terzo trimestre le eventuali conseguenze dipendono dal rapporto cronologico tra momento del parto, viremia materna e produzione di anticorpi materni.
Varicella in gravidanza: quali sono le situazioni che possono verificarsi
Possono essere considerate le seguenti situazioni:
- l’infezione avviene almeno 21 giorni prima del parto. In questo caso, il passaggio transplacentare del virus si ha nel 17% dei casi, la malattia fetale ha decorso favorevole in quanto sono presenti anticorpi materni, il feto guarisce prima del parto;
- il parto avviene nel periodo di incubazione della malattia. Il bambino nasce sano, ma può infettarsi durante il parto o subito dopo. Manca la protezione degli anticorpi materni, ma il decorso della malattia è favorevole poichè di solito l’infezione avviene per via respiratoria;
- il parto avviene tra il giorno antecedente e i quattro giorni successivi all’eruzione cutanea. Il feto può infettarsi per via ematogena e la malattia in questo caso è molto grave, talora mortale (10%) anche perchè non vi è tempo per il passaggio transplacentare anche di anticorpi materni. Se viceversa, il feto si infetta durante il parto e cioè non vi è una infezione per via ematogena con localizzazione pluriviscerale, valgono le considerazioni del punto precedente;
- il parto avviene in un periodo tra i 5 e i 21 giorni seguenti l’inizio dell’eruzione cutanea. Se il feto è stato infettato, il decorso della malattia è benigno nonostante la trasmissione ematogena, in quanto vi è stata trasmissione transplacentare anche di anticorpi materni.
La protezione dei bambini nati in giorni a rischio viene effettuata con la tempestiva somministrazione di immunoglobuline specifiche. In caso di infezione materna in prossimità della data presunta del parto, anziché anticipare il parto è più conveniente cercare di procrastinarlo di almeno una settimana.
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