Aborto spontaneo: cause, sintomi, trattamenti
Può capitare che una gravidanza non arrivi fino in fondo. A questo punto si verifica un’interruzione non volontaria che porta all’aborto spontaneo. Ecco quali sono le cause principali e come può essere affrontato.
Si definisce infatti aborto spontaneo un’interruzione involontaria della gravidanza che avviene entro la 20esima settimana, anche se tale limite arbitrario è oggi molto discusso. Avviene in circa il 17% di tutte le gravidanze, nella maggior parte dei casi si manifesta entro 11 settimane e spesso si verifica tanto precocemente che la donna non è nemmeno consapevole di aver avuto una gravidanza.
Aborto spontaneo: possibili cause e sintomi
Anche se molto spesso rimangono sconosciute, le cause principali sono le seguenti:
- genetica (rappresenta la maggioranza dei casi). E’ del tutto casuale e non ereditaria ed è come se la natura, matrigna, volesse selezionare quelle gravidanze non adatte alla vita;
- ormonale, come il diabete e il deficit di progesterone. Il deficit dell’ormone che normalmente sostiene la gravidanza è più comune nelle quarantenni;
- anagrafica. E’ più alta nelle gestanti un pò più in là con l’età, ma probabilmente è correlata alla maggiore incidenza in esse di cause genetiche e ormonali;
- anatomica, come un fibroma o un polipo o una malformazione uterina o una incontinenza cervicale, cioè una debolezza intrinseca del collo uterino che ne provoca la dilatazione in assenza di contrazioni significative. Si verifica con più frequenza dopo la 14esima settimana di gestazione;
- il fumo, l’alcol e le droghe;
- alcune infezioni.
Di contro, i rapporti sessuali, l’utilizzo di contraccettivi orali prima della gravidanza, il vomito e il lavoro non aumentano il rischio di aborto. Anzi, le donne con iperemesi sono meno soggette all’aborto.
I sintomi più frequenti sono le perdite ematiche e i dolori addominali, ma possono mancare completamente, e la diagnosi si pone in occasione di un’ecografia di routine nel primo trimestre.
Aborto spontaneo: come si interviene
In caso di aborto nel II mese, si può decidere di attendere l’espulsione spontanea del materiale ovulare, associata a una perdita ematica più abbondante e dolorosa di una normale mestruazione, oppure si può effettuare una revisione uterina di pulizia, ovvero l’aspirazione e il raschiamento della cavità uterina. Si tratta di un intervento di pochi minuti, che si pratica in anestesia generale o spinale in day surgery ospedaliero.
Diversamente, in caso di aborto nel III mese le maggiori dimensioni della gravidanza consigliano di effettuare sempre l’intervento.
Dopo l’aborto in caso di gruppo sanguigno Rh negativo va eseguita una puntura (profilassi con immunoglobuline) per evitare il rischio di formazione di anticorpi che potrebbero creare problemi nelle gravidanze successive. Dopo l’aborto si consiglia una visita ginecologica di controllo entro 30 giorni.
In molte donne i problemi psicologici conseguenti a un aborto durano molto più a lungo di quelli fisici. Anche se la gravidanza si interrompe molto presto, il legame fra madre e il feto può essere forte e la sensazione di perdita molto intensa. Molte donne si interrogano sulla causa dell’aborto e spesso si incolpano senza motivo. Si possono verificare perdita dell’appetito, stanchezza e insonnia. La sensazione di pena può essere diversa da quella del proprio partner e questo può creare tensioni, incomprensioni, attriti. In questi casi è molto importante parlarne con il proprio medico. Colpevolizzarsi è inutile e senza senso. Molti aborti precoci non possono essere previsti e nella maggior parte dei casi sono seguiti da gravidanze del tutto normali.
Aborto spontaneo ricorrente: che cos’è e quali sono le cause
L’aborto ricorrente si verifica quando si ripetono tre o anche più aborti spontanei e colpisce il 2-3% delle gestanti.
Le cause possono essere quelle già citate dell’aborto spontaneo, ma particolare importanza assumono le trombofilie e le malattie autoimmuni. Le trombofilie sono un gruppo di disordini genetici (solo più raramente acquisiti) della cascata della coagulazione che comporta un aumentato rischio di trombosi.
Le principali condizioni trombofiliche sono il deficit di proteina C (PC), di proteina S (PS), di antitrombinaIII (ATIII), la presenza del fattore V Leiden, la variante 20210 della protrombina e l’omozigosi per la variante termolabile della metilentetraidrofolatoreduttasi (MTHFR).
Le malattie autoimmuni sono condizioni in cui il nostro organismo produce anticorpi contro i propri tessuti. Alcune malattie autoimmuni, come il Lupus eritematoso sistemico (LES) e la sclerodermia sistemica, possono essere associate all’aborto ricorrente. La sindrome da anticorpi antifosfolipidi, in presenza o in assenza di malattia autoimmune, è un marker di tale condizione.
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